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Alessandra Casale

Antiriciclaggio: il principio “Know Your Costumer” (KYC) e le procedure di studio

Un altro passo fondamentale per l’identificazione del cliente.




Tra i principi cardine delle procedure antiriciclaggio, una posizione rilevante è sicuramente occupata dal principio Know Your Costumer (KYC). Si tratta a tutti gli effetti di un processo da attuare in fase di identificazione del cliente e per tutta la durata del rapporto professionale, volto a verificare l’identità dei propri clienti e valutare potenziali rischi o intenzioni illegali. Niente meno, quindi, di uno dei principi cardine di una buona adeguata verificata.


Conosci il tuo cliente


Tradotto in italiano, il principio si spiega da solo: “conosci il tuo cliente”, ciò significa che per attuare una buona adeguata verifica non possiamo limitarci a raccogliere meramente i documenti che ci vengono forniti senza operare alcuna ulteriore attività. Al contrario, per applicare al meglio le procedure antiriciclaggio (AML) ed in particolare il KYC, dobbiamo compiere qualche attività…


Attività che riguardano concretamente il controllo e la verifica circa la correttezza e la veridicità delle informazioni fornite dal cliente o dall’esecutore, per poi tradurre il tutto in una valutazione numerica (da 1 a 4) circa i vari profili del cliente. L’obiettivo è determinare il grado di esposizione al rischio del cliente e assegnargli una specifica tipologia di adeguata verifica (semplificata, ordinaria o rafforzata), che guiderà l’esecutore a stabilire entro quando procedere a un nuovo controllo dello stato e delle informazioni possedute sul cliente (c.d. controllo costante), questa volta anche in virtù delle ulteriori conoscenze apprese durante l’erogazione della prestazione.


Un principio, quindi, che va a incardinare e indirizzare tutte le principali attività antiriciclaggio di studio. Non solo, che ci fornisce una specifica linea operativa, matematicamente traducibile in:


KYC : controllo delle informazioni = Adeguata verifica : Valutazione del rischio




Si tratta sempre di sfaccettature di un unico momento operativo: l’identificazione.

È chiaro, dunque, che il principio del KYC, oltre a essere ricompreso nelle procure antiriciclaggio di studio, deve essere anche attuato all’interno dello studio, in quanto si tratta di attività che non si esauriscono con la profilazione del cliente, ma proseguono nel tempo. In merito è sempre bene ricordare che quando si parla di antiriciclaggio, si fa riferimento a un’attività che inizia con il conferimento dell’incarico professionale e termina con l’ultima prestazione erogata; ovvero di un’attività obbligatoria della stessa durata della prestazione professionale richiesta dal cliente.


Il KYC, quindi, ha da un lato lo scopo di ridurre la probabilità di cooperare con clienti dediti ad attività illecite o con scopi non trasparenti in materia di AML e FDT e dall’altro di dare un preciso taglio operativo alle procedure antiriciclaggio. Un taglio operativo che ci deve sempre portare a non accontentarci delle sole informazioni ricevute dal cliente o dall’esecutore, ma ci deve indurre al confronto tra quanto detto e le risultanze di cui possiamo venire a conoscenza anche nel corso del mandato professionale.


Conoscere il proprio cliente significa, infine, porre attenzione alla corrispondenza tra il comportamento tenuto dal cliente e le risultanze documentali.



Non sai da dove cominciare?

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