I commercialisti che devono rispettare la normativa antiriciclaggio hanno degli obblighi definiti tramite le Regole Tecniche del Consiglio Nazionale, con il fine di rendere trasparenti le operazioni economiche e controllare le controparti contrattuali con cui il professionista viene in contatto nell'esercizio delle sue funzioni. Ma quali sono queste regole?
Gli attentati terroristici che hanno colpito varie zone d'Europa e del Mondo negli ultimi decenni hanno indotto l'Unione europea, gli organismi di diritto internazionale nonché le istituzioni statali ad introdurre una normativa sempre più copiosa e dettagliata in materia di antiriciclaggio, al fine di individuare quali siano le fonti economiche e finanziarie che foraggiano le organizzazioni criminali di stampo terroristico.
Nello specifico, a partire dagli Anni '90 del secolo scorso sono state emanate cinque direttive in materia, le quali hanno di fatto ampliato gli obblighi a cui sono tenute certe categorie di professionisti in riferimento a determinate operazioni finanziarie.
Tra i soggetti obbligati vi rientrano anche i commercialisti, i quali sono tenuti agli adempimenti prescritti per legge.
Regole Tecniche del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili (CNDCEC) [Antiriciclaggio]
Tra i professionisti tenuti al rispetto della normativa antiriciclaggio vi sono i dottori commercialisti, i cui obblighi sono stati da ultimo definiti con le Regole Tecniche del Consiglio Nazionale.
Dopo un anno dalla pubblicazione di tali regole, queste sono divenute efficaci ed esecutive a partire dall'1 gennaio 2020, con il fine dichiarato di rendere trasparenti le operazioni economiche di una certa rilevanza e controllare le controparti contrattuali con cui il professionista viene in contatto nell'esercizio delle sue funzioni.
Il Consiglio Nazionale, quale organo di autoregolamentazione, ha infatti introdotto linee-guida vincolanti per tutti gli iscritti all’Albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.
Regola Tecnica n. 1: l'autovalutazione del rischio
In primo luogo, il commercialista e l'esperto contabile devono auto-valutare il rischio legato alla propria attività professionale.
Lo scopo è quello di indurre il professionista ad adottare tutte le misure e le procedure idonee a scongiurare il rischio di riciclaggio e di finanziamento delle associazioni terroristiche.
Nello specifico, il commercialista ha l'obbligo di individuare il rischio sulla base di criteri legali, quali la tipologia della clientela con cui viene in contatto, l'area territoriale di operatività, canali distributivi, nonché i servizi offerti.
Attraverso la ponderazione tra il "rischio inerente" la propria attività e gli strumenti organizzativi di cui il proprio studio dispone per verificare la clientela, per conservare documenti, dati e informazioni, per segnalare eventuali operazioni sospette o infrazioni della relativa normativa, si calcola il cosiddetto "rischio residuo". Quest'ultimo può essere più o meno significativo e, sulla base degli indici contenuti nella tabella allegata al documento del Consiglio Nazionale, obbliga il professionista ad adottare misure di controllo più o meno stringenti.
Questo primo adempimento, in altre parole, serve per individualizzare le forma di controllo dovute in base all'organizzazione del singolo studio e ai rischi a cui è esposto.
Regola Tecnica n. 2: verifica della clientela
L'ulteriore adempimento legale richiesto al commercialista e all'agente contabile è quello di controllare in maniera adeguata la clientela con cui viene in contatto nell'esercizio delle sue funzioni.
Questa valutazione viene effettuata sulla base della prestazione effettivamente resa dal professionista, che può essere considerata più o meno a rischio. In altre parole, vi sono tipologie di prestazioni con un rischio specifico molto significativo di finanziamento del terrorismo, per le quali occorrono verifiche più approfondite e rafforzate.
Regola Tecnica n. 3: conservazione di documenti, dati e informazioni
Il professionista deve, infine, conservare obbligatoriamente tutti i documenti, i dati e le informazioni che ha acquisito in occasione della verifica dallo stesso effettuata sul cliente. Ai sensi della normativa attualmente in vigore, tale obbligo dura per 10 anni.
Il formato per la conservazione può essere cartaceo o informatico, in base alle scelte organizzative del singolo, purché i dati siano in grado di assicurare, in via probatoria, la ricostruzione gli estremi del conferimento dell'incarico o, in caso di operazioni finanziarie, i relativi dati e il mezzo di pagamento utilizzato.
I punti a cui adempiere in effetti non sono sempre di facile comprensione: per questo è cosa buona e giusta rivolgersi sempre a consulenti esperti. Attraverso la presenza costante e il monitoraggio delle attività, il professionista ha la tranquillità che tutti i punti della normativa siano presidiati e che la conformità sia mantenuta nel corso del tempo.