Cosa s’intende per diritto all’oblio e cosa prevede la normativa?
Il Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR), più in particolare negli articoli dal 15 al 22, prevede una serie di diritti per gli interessati che possono essere esercitati e che, una volta comunicata al titolare del trattamento la volontà di esercitare uno di tali diritti, fanno scattare l’obbligo in capo al titolare stesso di rispondere a tale diritto.
Sì, il ragionamento è contorto. In buona sostanza, significa che davanti a certi diritti (specificati negli articoli dal 15 al 22) il titolare del trattamento avrà l’obbligo di rispondere. In altre parole, non può rifiutarsi. Ed è qui che casca l’asino, perché a volte l’attuazione del diritto richiesto può essere verosimilmente complicata.
È il caso, per esempio, del diritto all’oblio.
Che cosa si intende con “diritto all’oblio”
Quando si parla di diritto all’oblio è facile confondersi, in quanto il termine stesso “oblio” viene definito come “Dimenticanza, non come fatto momentaneo, per distrazione o per difetto di memoria, ma come stato più o meno duraturo, come scomparsa o sospensione del ricordo” (Treccani). Tale termine, generalmente accettato, riporta il difetto di far credere che il diritto all’oblio provochi una cancellazione totale del dato, quando in realtà non è proprio così.
Il diritto all’oblio: quando si può richiedere
L’art 17 del GDPR - rubricato come “Diritto alla cancellazione” - prevede che l’interessato possa richiedere e ottenere la cancellazione di tutti i dati che lo riguardano.
Il titolare dovrà procedere a tale cancellazione se sussiste almeno uno dei seguenti motivi:
I dati non sono più necessari rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti;
Vi è revoca del consenso da parte dell’interessato, se non sussiste altro fondamento giuridico per il trattamento;
Vi sia opposizione al trattamento da parte dell’interessato e non vi sia un motivo legittimo prevalente alla continuazione del trattamento da parte del titolare;
I dati sono trattati in modo illecito;
Vi sia un obbligo legale di cancellazione dei dati;
I dati personali sono stati raccolti relativamente all’offerta di servizi della società d’informazione.
Dal punto di vista teorico, l’esercizio di tale diritto risulta essere abbastanza semplice, soprattutto quando si tratta di aziende o professionisti che offrono servizi.
Il diritto all’oblio: che cosa succede se i dati sono stati pubblicati sul web
Discorso più complicato riguarda, invece, il mondo di internet e dei motori di ricerca.
Qualora i dati siano stati pubblicati sul web, il titolare del trattamento avrà l’obbligo di comunicare l’esercizio del diritto di cancellazione a tutti i titolari che trattano i dati personali cancellati.
Nel caso di un motore di ricerca, più che parlare di diritto all’oblio o alla cancellazione, si dovrebbe fare riferimento alla deindicizzazione del dato. Sono presenti numerose sentenze della corte di giustizia europea che obbligano i motori di ricerca a deindicizzare determinati dati, ossia a renderli non più rintracciabili tramite ricerche con parole chiave sul motore di ricerca stesso; ma quest’obbligo, come pubblicato sul comunicato stampa della corte di giustizia europea n. 112/2019, non obbliga il gestore di un motore di ricerca a deindicizzare il dato da tutte le versioni del motore stesso, ma lo obbliga ad attuare detta deindicizzazione su tutte le versioni corrispondenti a tutti gli Stati membri.
La questione del diritto all’oblio è molto complicata è ha numerose sfaccettature, tra le quali vi è anche il diritto di cronaca, di conseguenza è bene prestare molta attenzione ai casi di richieste di cancellazione dei dati in quanto potrebbero avere un’estensione molto più ampia rispetto a quanto pensato.