Il reato di sfruttamento del lavoro e intermediazione illecita, altrimenti noto come "reato di caporalato", negli ultimi anni è diventato sempre più una piaga sociale. Per contrastarlo scende in campo il Modello 231, che previene tutte le eventuali situazioni illecite che potrebbero causare ingenti multe per le imprese.
La legge 29 ottobre 2016, n. 199 - Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo ha introdotto novità fondamentali in materia di contrasto al fenomeno del cosiddetto “caporalato”, un fenomeno molto particolare che fa riferimento alle pratiche di reclutamento e sfruttamento di manodopera “in nero” o, comunque, con trattamenti lavorativi non regolari. Lungi dall'essere soltanto un problema del settore agricolo, allora, che significa? Significa, in breve, che molto spesso i lavoratori non sono tutelati a dovere.
Il reato di caporalato: che cos'è? [Modello 231]
Attraverso l'espressione caporalato si cerca di definire un sistema informale di reclutamento e sfruttamento della manodopera, secondo cui un caporale, dietro una somma di denaro, ingaggia, per conto del proprietario dell'azienda, dei lavoratori, sfruttando quindi lo stato di bisogno in cui si trovano, accettando qualsiasi condizione di lavoro o somma di denaro.
Si tratta di un tipo di reato, inoltre, che non è per nulla settorializzato, ma che al contrario trova applicazione in diversi campi come per esempio la cura familiare, le attività commerciali, le attività che prestano servizi, fino a includere anche il comparto agricolo e quello edilizio.
La nuova normativa introdotta dalla legge del 29 ottobre 2016 n.199 ha leggermente cambiato le carte in tavola. In base a quanto si legge, questo tipo di reato è chiaramente punito dalla legge. Non solo, la normativa prevede anche l'estensione della punibilità non solo al caporale, ma direttamente al datore di lavoro.
Il reato di caporalato e il Modello 231
Tutti questi tipi di reati sono inclusi nel catalogo dei reati predisposti dal Modello 231/2001.
Per di più il Legislatore, sempre con la legge del 29 ottobre 2016 n.199, ha affermato nuove disposizioni in materia di contrasto di fenomeni di lavoro in nero, sfruttamento del lavoro in agricoltura e riallineamento retributivo nel settore agricolo, riformulando nella fattispecie l'articolo 603 bis c.p. e inserendo il reato di caporalato all'interno del catalogo dei reati presupposto dalla responsabilità amministrativa degli Enti ex D.lgs. 231/2001.
Leggi di più: Modello 231: che sono i reati presupposto
Il reato di caporalato: chi viene considerato colpevole? [Modello 231]
Si è visto che il Modello 231/2001 ha introdotto un'ipotesi di responsabilità delle persone giuridiche. Riguardo al caporalato, quindi, nel caso fosse commesso per conto dell'impresa da parte di un soggetto scollegato dall'impresa stessa, in posizione apicale o subordinata, risponderà anche l'Ente stesso che rischia a sua volta l'irrogazione di una sanzione pecuniaria che parte da 400 a mille quote, nonché una sanzione interdittiva di durata non inferiore a 365 giorni.
Alle imprese è richiesto di prevenire in ogni modo la concretizzazione del reato attraverso l'aumento di efficaci presidi preventivi. Il Legislatore si riserva il diritto di escludere la responsabilità a carico dell'Ente nel caso in cui riesca a dimostrare che:
l'organo dirigenziale ha seguito tutte le indicazioni riguardo una corretta ed efficace attuazione dei modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati di questa determinata specie;
l'Ente ha affidato a un organo autonomo e indipendente il compito di vigilare sul corretto funzionamento e l'osservanza dei modelli stabiliti;
le persone che hanno commesso il reato in questione hanno eluso in maniera fraudolenta i modelli di organizzazione e di gestione;
non ci sia stata omissione o insufficienza nell'atto di vigilanza.
L'adozione del modello 231/2001 che fa rientrare anche le fattispecie di caporalato risulta essere fondamentale anche per le aziende medio/piccole, che impiegano manodopera poco specializzata, dove è più probabile possono trovare occupazione persone che si trovano in uno stato di bisogno.
Inoltre le società che hanno già adottato un modello organizzativo devono prendere in considerazione, aldilà del loro ambiente di lavoro, anche possibili appalti, dove la maggior parte delle volte possono trovare lavoro persone che si trovano in un particolare stato di bisogno disposte ad accettare qualsiasi tipo di lavoro o retribuzione.
Il Modello 231 non è obbligatorio, ma i rischi per chi non lo compila sono altissimi. Per questo è cosa buona e giusta affidarsi ai consulenti esperti. Attraverso la presenza costante e il monitoraggio delle attività, il professionista ha la tranquillità che tutti i punti siano presidiati e che la conformità sia mantenuta nel corso del tempo.