L’Azienda o l’Ente risponde sempre dei reati ambientali commessi da soggetti interni? Forse sì, o forse no. Scopriamolo.
La tutela ambientale non è presente da sempre nel nostro ordinamento giuridico, ma è comparsa, gradualmente, nel corso degli anni. In particolare, nel 2011, con il recepimento della Direttiva CE 2008/99 riguardante la tutela ambientale, è stato introdotto l’art 25 undecies al Dlgs 231/2001 che prevede la responsabilità dell’ente per i reati ambientali.
I reati ambientali nel nostro ordinamento giuridico
L’articolo 25 undecies al Dlgs 231/2001 in tema di reati ambientali prevede espressamente una serie di sanzioni pecuniarie in caso di violazione di specifiche norme del codice penale e di altre leggi o decreti legislativi dedicati appositamente alla tutela ambientale (tra i quali il Dlgs 152/2006 e la Legge 150/1992). In particolare, nell’articolo vengono richiamati i reati di inquinamento ambientale, disastro ambientale, il caso di associazione per delinquere con lo scopo di commettere delitti contro l’ambiente, reati in tema di rifiuti e loro gestione, di inquinamento del suolo, sottosuolo, delle acque superficiali e sotterranee, ma anche la uccisione, detenzione, la cattura, la distruzione e il prelievo di specie animali o vegetali protette, e altri ancora.
Queste tipologie di reato sono tutti reati di tipo comune, ossia che possono essere commessi da chiunque, ma nel caso del Dlgs 231 del 200 tali reati vengono commessi da enti o organizzazioni, che ovviamente svolgono un’attività che in qualche modo può incidere sull’ambiente.
La riforma avvenuta nel 2011 con la Legge 121/2011 ha esteso la responsabilità dei reati ambientali più gravi anche agli enti, per tale motivo l’adozione di modelli 231 è condizione necessaria e imprescindibile per l’esenzione della società dalla responsabilità amministrativa, in caso di commissione di reati.
Altre forme di tutela ambientale: gli standard UNI EN ISO 14001
Oltre l’adozione di tale modello, per ogni azienda e/o ente può essere utile aderire agli standard UNI EN ISO 14001, i quali delineano i presidi organizzativi indirizzati a garantire la corretta gestione della società, in particolare con riguardo alla tutela dell’ambiente, in quanto tale standard è in grado di aiutare le aziende a gestire i propri assetti imprenditoriali, organizzativi e tecnici al fine di prevenire il rischio di commissione dei reati previsti dall’articolo sopra richiamato. In più, questi standard possono dare una mano fondamentale nella preparazione e adozione del modello 231.
Reati ambientali: gli aspetti procedurali
Con riguardo alla parte un po’ più tecnica, qualora si dovesse arrivare al giudizio di fronte a un tribunale, questi dovrà accertare l’effettiva partecipazione dell’ente al reato. In particolare, dato che una società è composta da persone fisiche di livello apicale e non apicale, sarà necessario identificare l’effettivo (o effettivi) esecutore del reato e un vantaggio per la società stessa.
L’unica difesa per l’azienda è quella di provare che l’esecutore abbia agito in violazione di norme interne (Modello 231), quindi che non vi sia stata la volontà dell’azienda stessa. Da qui si aprono due strade (per semplificare, perché in realtà la materia è ben più complessa): se il reato è commesso da un soggetto sottoposto, la posizione dell’ente sarà più semplice in quanto dovrà solamente dimostrare che la commissione del fatto non sia stata resa possibile dall’inosservanza degli obblighi di direzione e di vigilanza.
Al contrario, quindi nel caso in cui l’esecutore sia un soggetto di livello apicale, l’ente, per escludere la sua responsabilità, dovrà dimostrare che:
L’ente ha adottato, prima della commissione del fatto, un modello organizzativo e di gestione che sia idoneo alla prevenzione di tali reati;
Che il compito di vigilare sul funzionamento e sull’osservanza e di aggiornamento del modello sia stato affidato ad un organismo di vigilanza (ODV) dotato di autonomi poteri;
Che i soggetti che hanno commesso il reato hanno eluso in modo fraudolento tali modelli;
Che da parte dell’ODV non vi sia stata omissione o insufficiente vigilanza.
L’unione degli standard UNI EN ISO 14001 con il modello 231 può sicuramente aiutare l’azienda nel caso di commissione degli eco-reati (e non solo) a evitare pesanti sanzioni amministrative, ma potrebbe non essere sufficiente nel caso fosse necessario procedere al ripristino o bonifica.